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L’evoluzione del marketing, negli ultimi anni, ha assunto mille forme, ma ha seguito un trend comune: quello della creazione di un rapporto sempre più stretto fra brand e pubblico. La comunicazione non è più broadcasting, ma si muove in entrambe le direzioni, si alimenta di feedback e tendenze grazie ai social e a tutti i canali digitali, si riverbera nella vita reale e trova la sua massima espressione nell’integrazione di questi due mondi. Lo strumento perfetto, in questo senso, è il proximity marketing. E il settore della moda è forse quello che beneficia maggiormente di questa integrazione.

La parola influencer è una di quelle che sentiamo più di frequente, da un po’ di anni a questa parte. Con l’esplosione dell’influencer marketing, si sono consolidate anche una serie di altre figure, dai micro-influencer ai brand ambassador, che girano intorno al concetto di “social influence”. Come spesso avviene, si è registrato un fenomeno quasi spontaneo (l’interesse dei consumatori si è spostato dai canali di promozione tradizionali verso blogger e utenti di piattaforme social, percepiti come esperti e affidabili) e si è cercato di “ricrearlo in laboratorio”, facendo diventare l’influencer una professione e dando vita a una miriade di strumenti e strategie che promettono ai brand tutti i benefici di questo genere di promozione. E quindi, la questione torna a essere quella che accomuna tutte le campagne di marketing: il budget e l’incorporamento di questi nuovi elementi nelle strategie dei brand.

Come abbiamo già detto diverse volte, uno degli aspetti più delicati del marketing nel settore finanziario sono le linee guida estremamente rigide su ciò che i messaggi possono contenere. Il linguaggio della promozione spesso fa appello a concetti molto ampi, che si prestano a interpretazioni diverse, per andare a toccare le corde dell’emotività e dell’immaginazione: ebbene, fare tutto questo con i prodotti finanziari può risultare particolarmente difficile. Le informazioni devono essere inequivocabili, i messaggi chiari e mai ambigui. E, nonostante questo, il nostro dovere di marketer è andare a toccare ugualmente proprio quelle corde legate all’emotività e all’immaginazione, per stimolare una reazione profonda al nostro messaggio. Come è possibile ottenere questi risultati? Il guerrilla marketing ci viene in aiuto con una serie di ottime possibilità.

Il mercato farmaceutico non è mai stato così competitivo. Non solo i farmaci generici si contendono il primato degli acquisti con quelli dei più noti marchi, ma moltissimi presidi non strettamente medicinali – quelli che si vendono anche nella parafarmacie, per intenderci – si sovrappongono all’interno della stessa categoria. Questi prodotti espandono la propria promozione scoprendo social network, guerrilla marketing e altre tecniche che finora si sono associate assai poco al settore dei farmaci. Nel clima attuale si dà sempre maggiore importanza all’accesso a servizi e farmaci da parte di tutta la popolazione. e si pone spesso l’accento sul livello di stress a cui è sottoposto il servizio sanitario nazionale. Per questo è sempre più frequente che, per i piccoli problemi di tutti i giorni, ci si rivolga alla farmacia anziché al proprio medico. Per i brand, questo è un periodo di grandi incertezze, ma anche di opportunità. Nello specifico, si ha l’opportunità di stringere con il pubblico un rapporto diretto di fiducia, che può essere vitale per la sopravvivenza di un marchio o di un prodotto.

Il settore assicurativo è difficile da promuovere. Esistono una serie di pregiudizi in merito, che si collegano a una generale difficoltà di comprendere il sistema e a una diffidenza piuttosto radicata verso i servizi finanziari e assicurativi in generale, percepiti come poco comprensibili. Per contro, la chiave di una buona campagna di marketing nel settore assicurativo sta proprio nel trasmettere un senso di sicurezza e affidabilità. Il modo migliore per aggirare diffidenze e pregiudizi è costruire un dialogo emozionale con il pubblico e, a questo scopo, il marketing esperienziale è uno degli strumenti più efficaci che si possano mettere in campo, poiché avvicina il brand al cliente come nessun altro. Nel caso del settore assicurativo, inoltre, questa tecnica presenta anche altri vantaggi specifici. Il marketing esperienziale non è altro che la sistematizzazione di una pratica che i nostri nonni e bisnonni trovavano perfettamente normale: provare un prodotto per decidere se acquistarlo. L’esperienza diretta permetteva di fidarsi del proprio giudizio e dava fiducia tanto al venditore quanto all’acquirente, unendoli in un momento di vicinanza fisica e psicologica. Naturalmente “provare il prodotto” non è possibile nel caso delle assicurazioni, ma quello che si cerca di ricreare è proprio il senso di fiducia, di controllo e di autenticità che spesso il marketing tradizionale manda in frantumi.

Il turismo, in Italia, è un’industria in costante crescita. A nostro favore ha giocato la situazione internazionale, che ha fatto percepire come meno attraenti mete tradizionalmente più economiche e molto amate dai turisti, soprattutto nord-europei. L’Italia è diventata dunque un’alternativa a paesi come Egitto, Marocco o Giordania e ha visto un incremento considerevole di turismo estivo che negli anni scorsi si dirigeva verso questi paesi. Avendo vinto sul terreno della concorrenza esterna, dunque, si apre un nuovo campo di confronto interno al paese, che richiede considerevoli sforzi di marketing da parte di hotel, compagnie ferroviarie e aeree, ristoranti, spa, B&B, impianti sportivi, stabilimenti balneari, stazioni sciistiche e molte altre strutture. Per farsi notare, è necessario essere unici. Per questo un numero crescente di operatori del settore si adoperano per mettere in atto pratiche di marketing non convenzionale. Ecco qualche consiglio da mettere in pratica per distinguersi dalla concorrenza.

Il marketing esperienziale può essere considerato una novità in diversi ambiti, ma nel settore alimentare il focus sull’esperienza del cliente è una tendenza consolidata da moltissimo tempo. Quello che un tempo si otteneva creando relazioni dirette all’interno della comunità, trasformando la drogheria locale in un punto di aggregazione, oggi si replica con tecniche più consapevoli e data-driven. Naturalmente, quando si parla di esperienza in ambito di marketing alimentare, si parla sempre soprattutto di sampling, ovvero della tradizione, anche questa tutt’altro che nuova, di far provare gratuitamente alla clientela un assaggio di un nuovo prodotto, per invogliare all’acquisto e al consumo. Quando si passa dal piccolo negozio a gestione familiare al franchise di grandi dimensioni, però, le tecniche che un tempo permettevano al singolo negoziante di creare un rapporto privilegiato con ogni cliente vanno adattate su una scala più ampia. Quali sono dunque gli elementi fondamentali per una buona campagna di marketing esperienziale nel settore alimentare? Analizziamoli insieme.

Il trend più significativo nel marketing alimentare degli ultimi anni è senz’altro quello relativo agli ambiti del biologico. Anche i prodotti che non rientrano strettamente in questa filiera tendono a incorporare nella propria promozione i temi mutuati dal mondo del “bio”. Perché questo tipo di promozione ha tanto successo? Perché tocca le corde giuste dal punto di vista emotivo, e non c’è marketing che risponda bene agli stimoli emozionali quanto quello legato al cibo. Per studiare come promuovere un prodotto sono sempre di più le aziende che si adattano, modificano i prodotti e lavorano sulla percezione esterna degli stessi per farli arrivare al cliente come parte di un messaggio che parla di rispetto della natura e della salute, di semplicità, di ritorno alla genuinità e alle tradizioni, di attenzione agli ingredienti e a ogni fase della lavorazione. E non si tratta neanche solo di marketing: a questi messaggi corrispondono spesso politiche di trasparenza e controllo di tutta la filiera. Tutte queste operazioni tentano, spesso con successo, di coltivare la fiducia del cliente nel prodotto.