Come facevamo a consumare un pasto quando non esisteva Instagram? Anche i più severi censori della mania di fotografare il cibo, ogni tanto, cedono alla tentazione di condividere le immagini del proprio pranzo online. Non rimproveriamoli troppo: è l’evoluzione di un istinto naturale, ovvero l’istinto a socializzare intorno al cibo. Solo che, in un momento storico in cui la nostra rete sociale non è più limitata dalla necessità della compresenza fisica, per utilizzare il nostro toast all’avocado come elemento di socializzazione dobbiamo condividerlo con qualche milione di sconosciuti (e un migliaio di amici). Questo ragionamento è paradossale, ma si tratta di uno scherzo solo fino a un certo punto, poiché mette in evidenza un elemento molto importante per chi si occupa di ristorazione, ovvero il fatto che la qualità del cibo non basta più, di per sé, a soddisfare tutte le esigenze del consumatore. Capire questo principio è fondamentale per tutti i brand e gli esercizi commerciali del settore che ambiscano a fidelizzare i clienti.
Focalizzarsi sull’esperienza del cliente
La competizione nel settore della ristorazione è altissima, per questo ogni aspetto dell’esperienza del cliente va curato nei minimi dettagli. I programmi fedeltà sono utili, senza dubbio, ma decenni di analisi di questa tecnica hanno dimostrato che, se mancano le basi per un’esperienza piacevole in ogni suo aspetto, non c’è promessa di un tiramisù gratuito che possa far tornare il cliente ormai orientato verso altri lidi (soprattutto perché anche gli “altri lidi” hanno un programma fedeltà).
Conoscere il pubblico
Prima di tutto è necessario conoscere il pubblico al quale ci si rivolge, che può avere diverse componenti al suo interno. La prima distinzione, ovviamente, è fra residenti e turisti, che spesso coesistono e raramente si stanno simpatici. O meglio, i turisti sono affascinati dai residenti, specialmente se sono a caccia di esperienze culturali autentiche, mentre i residenti tendono a considerare qualsiasi locale troppo frequentato da turisti come di scarsa qualità e a ricercare continuamente luoghi ancora non noti alle guide internazionale (cosa sempre più difficile nell’era di Tripadvisor). Come fare ad accontentare entrambe le categorie? Questo è un problema che si pongono soprattutto coloro che lavorano in grandi città ad alto afflusso turistico, come Roma o Firenze, ma anche nei luoghi di villeggiatura stagionale.
Fidelizzare il pubblico locale, senza perdere di vista i turisti
Per ottenere la fidelizzazione dei residenti, è essenziale avere un ruolo attivo nella comunità. Per esempio, se è noto che un ristorante acquista solo prodotti locali, e quindi contribuisce a far prosperare l’economia che lo circonda, è più probabile che la popolazione locale tenda ad affezionarvisi e a considerarlo un punto di riferimento. Il problema, a questo punto, è attrarre anche i turisti, senza che i residenti inizino a snobbare il locale. È importantissimo, a questo scopo, preoccuparsi di attirare i turisti giusti, ovvero quelli che sanno adottare comportamenti rispettosi e in linea con i costumi locali. Diventa importante, quindi, posizionarsi sul radar di coloro che mirano al turismo consapevole e che vogliono imparare dal luogo in cui si trovano, non colonizzarlo spietatamente. Ai clienti affezionati di una piccola osteria di quartiere non piace l’idea di dividere la sala con un branco di turisti chiassosi, che indicano e deridono ciò che è troppo diverso da loro o che si comportano come se fossero letteralmente a casa propria. Saranno invece più felici di convivere con piccoli gruppi di turisti davvero interessati a scoprire la cultura locale e a imparare gli usi e le tradizioni.
Non dimenticare i social media
Nessun brand, al giorno d’oggi, può permettersi di lasciare in secondo piano la comunicazione social. Un errore comune, tuttavia, è quella di trattare i social come la propria stazione radio personale, dalla quale si lanciano messaggi in una sola direzione. Nulla di più limitante: i social offrono uno strumento di fidelizzazione assolutamente fondamentale, ovvero la possibilità di ricevere e rispondere al feedback dei clienti. E non si tratta neanche solo di lanciare un occhio alle menzioni su Twitter e ai messaggi su Facebook, ma di connettersi con un’intera comunità: food blogger, siti di settore, distributori e appassionati formano solidissimi gruppi di “foodie” online che nessuno che lavori in questo settore può permettersi di ignorare. Collocarsi all’interno di questa galassia permette di farsi conoscere da tutti gli operatori del settore e di guadagnarsi un posto all’interno della comunità e sottocultura di riferimento.
Conclusioni: obiettivo fidelizzazione
La fidelizzazione è questione di personalità. Quei brand che non riescono a costruirsi un’identità precisa finiranno, molto semplicemente, per essere dimenticati. Chi invece riuscirà a trasformare il proprio nome in un sinonimo di caratteristiche che si possano definire “umane”, riuscirà a collocarsi presso un pubblico stabile, che si riconosce in quegli stessi valori e che incorpora nella propria identità le scelte alimentari e commerciali. In altre parole, se riuscirete a fare in modo che mangiare da voi diventi una componente della personalità dei clienti, sarete a buon punto nel processo di fidelizzazione.