Come si definisce il successo? Le opinioni in merito sono contrastanti e variano da un settore all’altro, ma se parliamo di retail (soprattutto nell’ambito della moda), una buona definizione può articolarsi intorno all’idea del pubblico, che deve essere affezionato, fedele, curioso ed entusiasta. E se incuriosire ed entusiasmare sono obiettivi mediamente raggiungibili, fidelizzare è spesso un’impresa ardua, in un settore in cui la concorrenza è a dir poco spietata. Le difficoltà raddoppiano se il brand è relativamente nuovo o se il prodotto si distacca in qualche modo dai canoni dell’industria. Il nuovo termometro della fidelizzazione? I social.
Come è cambiata l’industria della moda
Sono lontani i tempi in cui la “fedeltà” a un brand poteva durare anche tutta una vita, quelli in cui le nostre mamme e nonne acquistavano più o meno sempre nella stessa boutique o si rivolgevano a una sarta di fiducia, che in qualche modo determinava il loro stile nell’abbigliamento. Oggi facciamo i conti con un ambito iper-globalizzato che, per contrasto, presta un’attenzione quasi ossessiva all’individualità – pur di poterla inserire in gruppi e categorie. Oggi l’industria della moda si alimenta di un mercato miliardario fatto di vendite online, e-commerce che esplodono con la stessa facilità con cui si inaridiscono, piattaforme sulle quali avvengono milioni di scambi e piccoli brand che nascono e muoiono a velocità vertiginosa senza mai accedere al mercato mainstream, mentre altri prosperano in piccole nicchie, lontano dai riflettori. È ancora possibile, in questo clima, assicurarsi una clientela che resti fedele per tutta la vita? Forse no, ma è possibile imparare a gestire i linguaggi social per creare relazioni con i clienti che si protraggano ben oltre la prima transazione e si traducano almeno in comportamenti di acquisto ripetuti e abituali.
Come fidelizzare con i social
Contrariamente a quanto molti penseranno, gli ad non sono necessariamente la soluzione. La maggior parte degli utenti sono sempre meno ricettivi al potere persuasivo della pubblicità in quanto tale, ma si lasciano più facilmente influenzare dai comportamenti di acquisto degli altri, in particolare di amici, familiari e – ovviamente – influencer. Questo vuol dire che, paradossalmente, per un brand di abbigliamento è più importante rendere semplice, ricca e appagante l’esperienza di condivisione di un acquisto effettuato, piuttosto che investire migliaia di euro in Ads su Facebook e Instagram. La scelta di un altro acquirente e il suo parere, condivise sui social con entusiasmo, sono considerati dalla maggior parte degli utenti prove di qualità e merito più affidabili rispetto alla pubblicità tradizionale. L’atto di condividere il proprio acquisto fa assurgere immediatamente il brand al ruolo di componente identitario. Chi comunica a tutti i propri contatti social di aver acquistato un certo brand sta scegliendo in modo consapevole di associarsi pubblicamente ai valori che quel brand esprime , per iniziare una discussione in merito con il proprio network. Il brand, per contro, beneficia automaticamente di tutta la stima che quel particolare individuo riceve dai propri conoscenti. Quando questo processo si sposta su grande scala, nascono quelli che conosciamo come “influencer”.
Da “pubblico” a “fan”
Come utilizzare in modo consapevole questi meccanismi per fidelizzare il pubblico di un brand di abbigliamento? Tanto per cominciare bisogna accettare il fatto che non sia possibile “obbligare” i clienti a condividere o a promuovere il brand. Tutto ciò che si può fare è incoraggiare, con politiche commerciali e una buona UX, i comportamenti di condivisione. I contenuti generati dagli utenti sono il materiale pubblicitario più utile e importante che un brand possa avere a disposizione e vanno valorizzati. Soprattutto nell’ambito della moda, dove l’elemento visivo è preponderante, è relativamente semplice invitare con successo gli utenti a mettere in mostra i propri acquisti, facendo appello a quell’appagamento che la cultura del selfie ha diffuso esponenzialmente. A tutti piace sentirsi ammirati, apparire, ricevere complimenti e, in generale, mostrarsi al proprio meglio. Per i brand, questo tipo di contenuti sono fondamentali. Può bastare un semplicissimo hashtag da proporre ai clienti per trasformare migliaia di foto private in foto promozionali per il brand.
Conclusioni
Il futuro della fidelizzazione, nell’ambito della moda, risiede interamente nelle community. Metà del lavoro promozionale è già completato se gli utenti si sentono incoraggiati a condividere i propri acquisti, a coinvolgere il brand nelle proprie interazioni sociali e a trattarlo come una componente esplicita della propria identità.