Il termine “Wanderlust” è uno dei più espressivi della lingua tedesca e non manca mai nei tanti elenchi di “parole intraducibili”. Sta a indicare quel desiderio di viaggiare per viaggiare, quell’irrequietezza che alcuni provano e che fa desiderare loro di essere sempre in movimento, alla scoperta di posti nuovi. Chi soffre di “Wanderlust” proprio non può stare fermo nello stesso luogo troppo a lungo, ha bisogno di esplorare, ha mille curiosità da soddisfare. Come marketer, quando lavoriamo con il settore turistico, dobbiamo avere grande familiarità con questa sensazione e con chi la vive come una spinta costante al viaggio. Questa premessa rende quasi naturale adottare tecniche di marketing emozionale per promuovere i servizi turistici e di viaggio. Naturalmente, chi lavora in questo settore deve scontrarsi anche con il rovescio della medaglia: viaggiare è considerata una spesa voluttuaria che, in tempi di crisi, sempre meno persone possono permettersi, il che restringe il mercato di riferimento e inasprisce la concorrenza.
Come farsi notare in un mercato che sembra sempre più prossimo alla saturazione?
Prima di tutto bisogna mettersi nei panni dei potenziali viaggiatori e capire cosa li motiva, cosa può essere un incentivo e cosa invece un deterrente. Il viaggio, inteso come vacanza, risponde sempre a esigenze identitarie ed emozionali. Proprio in questa direzione dovrà concentrarsi quindi un brand che voglia farsi notare ed emergere rispetto alla concorrenza. Questo vuol dire che, per promuovere una location, una struttura o una destinazione non basta più elencarne i meriti oggettivi, ma occorre creare contenuti ad alto impatto emozionale. La destinazione non deve più essere solo un bel luogo nel quale si svolgono attività piacevoli o interessanti, ma un simbolo. Per questo bisogna lavorare molto sulle identità locali, individuando i selling point di ogni esperienza di viaggio. A seconda che si stia preparando una campagna di marketing emozionale per un target di studenti o di amanti dello sport, per esempio, Roma potrà essere la culla della civiltà occidentale oppure la sede degli Italian Open di tennis. Naturalmente è possibile che, per qualcuno, sia entrambe le cose e molto altro. Quando si crea una campagna promozionale, tuttavia, è importante concentrarsi su un solo punto per volta, o al massimo su un paio che siano concettualmente vicini.
Emozionare, divertire, educare
Lavorare nel settore turistico significa aiutare i clienti a fabbricare ricordi e, per quanto possa sembrare strano, questo vuol dire che non sono i luoghi a essere protagonisti, ma le persone. Una bellissima campagna che utilizzi immagini splendide della destinazione che si vuole promuovere attirerà sicuramente gli sguardi ammirati di chi apprezza una bella foto, ma i risultati in termini di conversioni potrebbero essere assai deludenti. Ben diversa è la situazione quando alle immagini vengono associati dei valori precisi, delle emozioni, che facciano appello al desiderio degli individui di creare ricordi, costruire esperienze memorabili, che cambieranno il corso della loro vita. Sempre più viaggiatori, inoltre, sono sensibili ai temi del rispetto dell’ambiente e delle risorse, e guardano con interesse ai contenuti promozionali che contengono informazioni utili sulle destinazioni che si intende visitare. Allinearsi ai valori del pubblico di riferimento su questi temi può essere un elemento determinante nel successo di un brand.
Mettersi nei panni del cliente
Una buona conoscenza delle motivazioni e delle emozioni che spingono il cliente a scegliere un certo percorso o una certa struttura è alla base del marketing emozionale in questo settore. Lo scopo, come sempre, è quello di far arrivare un messaggio efficace, che raggiunga il cliente giusto e lo raggiunga proprio nel momento in cui è più predisposto ad accogliere questo tipo di comunicazione. Può sembrare un’arte, ma non lo è: è una scienza, che si deve basare sulla raccolta di dati precisi. Per questo è importante identificare le metriche giuste, analizzare il feedback sui propri canali di comunicazione (soprattutto social), raccogliere dati che siano ben categorizzati e analizzarli a monte di qualsiasi decisione strategica. Questo è quello che intendiamo per “mettersi nei panni del cliente”. Conoscere le esperienze di migliaia o milioni di individui nel dettaglio è impossibile, ma identificare degli indicatori esaminabili delle loro reazioni è assolutamente fattibile, mai come oggi.
Conclusioni: perché il marketing emozionale funziona
La creazione di messaggi e percorsi emozionali passa dall’analisi dei fatti, per poi tradursi nuovamente in storie da raccontare ed esperienze da condividere. Il senso di meraviglia che possiamo provare di fronte a una campagna che ci faccia avere la sensazione di vivere davvero l’esperienza di un luogo che non abbiamo mai visitato può sembrare il frutto di un’intuizione ispirata, ma in realtà è sempre certamente il risultato di un lavoro analitico meticoloso, nel quale il consumatore è stato messo al centro e valorizzato.
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