Le decisioni d’acquisto in materia di farmaci e presidi sanitari sono influenzate da tantissimi fattori: ambiente e cultura di base, consigli del medico, consigli di parenti e amici, informazioni ottenute da altre fonti (come forum e social network) e, naturalmente la promozione dei brand del settore. Informazione, disinformazione e opinioni personali si confondono in un coro di voci spesso contrastanti, che finiscono per confondere il consumatore e creare un generale senso di diffidenza verso l’intera industria farmaceutica. Come può un brand di questo settore riuscire a comunicare il proprio messaggio e farsi notare in un contesto così confuso e rumoroso? Si rende necessario uno sforzo creativo in più per campagne di marketing insolite e non convenzionali.
Contenuti “unbranded”: perché a volte i brand non usano il proprio nome
Un numero crescente di brand del settore farmaceutico sta puntando sui contenuti non brandizzati. Questo vuol dire, per esempio, che le aziende investono nella costruzione di siti dedicati a una certa patologia o a un certo ambito della cura della persona (per esempio cosmetica o sport), senza però inserire il nome del brand in nessuno dei contenuti presenti sui siti. Che vantaggio può trarre un brand dall’investire in un sito che non lo promuove? Queste tecniche di marketing si collocano in un contesto come quello contemporaneo, nel quale fornire informazioni davvero utili al cliente/paziente presenta un ROI perfino superiore alla promozione aggressiva orientata alla vendita. Fornire al pubblico informazioni affidabili e utili su un tema di interesse generale (per esempio un disturbo diffuso) permette di aumentare le relative diagnosi, laddove in assenza di informazioni larghe fasce demografiche possono non identificare correttamente un sintomo e trascurarlo. Inoltre questo genere di siti possono essere utilizzati per raccogliere dati e promuovere newsletter, che si trasformano automaticamente in lead. In quest’ultimo caso è possibile suddividere le iscrizioni in quelle di utenti generici e professionisti del settore, come medici e farmacisti, così da differenziare future operazioni di marketing in B2B e B2C.
Un esempio pratico: Pfizer e la lotta al fumo
Fra le campagne del settore farmaceutico “unbranded” più popolari degli ultimi anni c’è quella realizzata negli USA da Pfizer e dall’associazione nazionale per le malattie polmonari, unite in una campagna contro il fumo, che hanno dato vita a “Quitters Circle”, un sito dedicato a chi desidera smettere di fumare, che raccoglie una gran quantità di risorse utilissime. Al sito sono abbinati anche profili social, che permettono agli utenti di raccogliersi in una comunità, scambiarsi esperienze e motivarsi a vicenda. Dal sito principale arrivano articoli utili e motivazionali, che elencano i benefici di una vita senza fumo, ma anche consigli pratici, che permettono di pianificare il proprio percorso di abbandono delle sigarette. Attenzione: il nome di Pfizer, nei contenuti di Quitters Circle, non è nascosto (è visibile alla fine del video qui sotto, fra le informazioni di copyright), ma non è particolarmente promosso e il sito può essere utilizzato anche senza far caso al brand. Chi decide di smettere e di condividere la propria esperienza sul sito potrà sempre beneficiare di supporto, anche semplicemente nella forma di piccole frasi motivazionali. Sarà anche possibile condividere i propri traguardi raggiunti e ricevere delle piccole “ricompense” simboliche. Non è detto, naturalmente, che chi decide di smettere di fumare negli USA lo faccia con i prodotti farmaceutici della Pfizer, sia perché il mercato è pieno di alternative, sia perché esistono tecniche efficaci anche per modificare i propri stili di vita senza un supporto farmacologico. Quello che la Pfizer ottiene da questo sforzo è in primis un ritorno di immagine e, di conseguenza, la possibilità di essere percepita come un interlocutore affidabile anche in altri ambiti.
Conclusioni: spostare il focus dal brand
Il marketing nell’epoca dei social, del feedback continuo e dell’informazione diffusa si sta spostando su un terreno quasi paritario fra brand e consumatori e questo va sempre considerato, quando si vuole comunicare efficacemente. Questo è ancora più vero in un settore complesso come quello farmaceutico, nel quale la fiducia del cliente è indispensabile per il brand e la confusione dei messaggi rischia di creare invece una diffidenza generale che non va a vantaggio di nessuno.