Marketing non Convenzionale Settembre 13, 2018

Rinnovare il retail con il marketing non convenzionale

Esiste ancora un’esperienza di acquisto che possa sorprendere? È possibile per un negozio, un centro commerciale, un supermercato accogliere il cliente in modo davvero insolito e unico, creando un’impressione duratura? Questa è la sfida che il mondo del retail si trova ad affrontare in un momento in cui il cliente medio è saturo di stimoli e la sua attenzione al minimo storico. La sorpresa, la meraviglia e l’ammirazione sono il sacro graal del retail marketing e, per ottenerle, è necessario utilizzare tecniche sempre più insolite e anticonvenzionali. Questo è dunque il momento in cui il marketer si trova davanti il compito più difficile della sua carriera: inventarsi qualcosa di nuovo. Il problema del marketing non convenzionale nel retail, tuttavia, è che il pubblico è abituato a determinati linguaggi e il cambiamento repentino può essere motivo di curiosità, ma anche di disorientamento e diffidenza. Osare senza avere pianificato attentamente la comunicazione rischia di far scappare più clienti di quanti non se ne attirino. Invece di procedere per tentativi, quindi, è consigliabile orientarsi su tecniche che siano state consolidate in altri campi, come le arti, la comunicazione o lo sport.

Rafforzare i rapporti con la comunità

In un momento della nostra economia che vede le aziende nascere e morire a una velocità senza precedenti, le attività commerciali con le migliori possibilità di sopravvivenza sono quelle fortemente radicate sul territorio. Cosa deve fare un negozio o un centro commerciale per creare un rapporto solido con la città o il paese in cui si trova? Tanto per cominciare, assumere un ruolo nella vita della comunità. Nei paesi del nord Europa, per esempio, è estremamente diffusa la tendenza di riservare un angolo dei supermercati alle comunicazioni delle associazioni locali e dei privati. Si va dagli annunci per l’adozione di animali ai corsi di sport e strumenti musicali, alle associazioni di volontariato locale che si occupano di bambini e anziani, di tutelare l’ambiente o di organizzare eventi di beneficenza. Il tipo di informazioni che una volta si potevano ottenere andando in parrocchia o frequentando il classico bar sulla piazza centrale del paese, oggi si possono scoprire nel supermercato di quartiere. Il valore aggiunto di questo tipo di comunicazione iperlocalizzata sta nel fatto che solitamente la loro portata è limitata al vicinato. Per questo motivo chi vuole restare aggiornato sulla vita della propria comunità tenderà a gravitare verso questi angoli informativi e quindi a recarsi sempre negli stessi punti vendita.

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Ispirarsi alla fotografia, cambiando le prospettive

Che cosa fa un fotografo (ma anche un videomaker o un pittore) quando vuole spingere la nostra attenzione a concentrarsi su un oggetto? Riduce l’interesse gli elementi circostanti, utilizzando lo zoom oppure la prospettiva, sfumando lo sfondo o rendendolo neutro, restringendo il campo oppure concentrandosi su un particolare. Naturalmente non tutte queste tecniche si possono riportare nel retail, ma è possibile puntare a ottenere lo stesso effetto. Per anni si sono utilizzate foto ingrandite di dettagli, inserite nelle vetrine e negli espositori, per spingere il pubblico a notare il dettaglio di una creazione di moda o per evidenziare le caratteristiche tecniche di un prodotto tecnologico. La nuova tendenza si muove in senso contrario: invece di presentare al cliente una foto con un evidente zoom sul particolare desiderato, si invita il cliente stesso a “zoomare” sull’oggetto reale. Come si ottiene questo risultato? Creando grandi diplay perfettamente neutri, spesso completamente scarni, con un singolo oggetto esposto al centro, nel mezzo di uno spazio vuoto e monocromatico. Questa tecnica, mutuata dal mondo della gioielleria, valorizza il prodotto e spinge il cliente ad avvicinarsi, a concentrare l’attenzione sull’oggetto che il retailer sta promuovendo, a esaminarlo nel dettaglio, senza elementi di distrazione. Per accentuare l’idea del prodotto come “unico” e “prezioso”, è possibile creare cornici ed espositori particolari, che non a caso vengono chiamati “jewel boxes”. Questa tecnica, che non è certo una novità per i settori del lusso, può costituire una piccola rivoluzione per beni di consumo più comuni. Questo è un tipico esempio di innovazione che funziona, poiché rivoluziona il linguaggio del proprio settore, utilizzandone un altro che comunque il cliente troverà familiare e non completamente “alieno”. In questo caso si crea una complicità ironica con il cliente, che è in grado di capire il messaggio del retailer: “questo prodotto è prezioso, come un gioiello”, indipendentemente che si tratti di una scarpa da corsa o di una scatola di cioccolatini.

Colleghi o concorrenti?

Chiunque abbia lavorato anche solo per cinque minuti nel mondo dell’intrattenimento ha sentito una serie di luoghi comuni: “in Spagna tutti i locali lavorano insieme per far spostare il pubblico da uno all’altro, mentre da noi la concorrenza è spietata”. “In Inghilterra ci sono eventi che coinvolgono interi quartieri, mentre in Italia ognuno pensa a se stesso”. C’è del vero in queste affermazioni, ma ciò non vuol dire che ci si debba condannare a ripetere gli stessi errori, tanto nel mondo degli eventi quanto nel retail tradizionale. Creare sinergie con le altre attività locali è il modo migliore per dare vita a un’economia vivace, con una rete di supporto che ispira interazioni positive all’interno della comunità e, come risultato finale, incrementa le vendite. Formare partnership con gli altri negozianti, retailer, ristoratori della zona vuol dire incrementare la visibilità e la clientela della propria attività in modo esponenziale. Offrire sconti e vantaggi ai clienti delle altre attività è un ottimo modo per dirigere il traffico della clientela all’interno di un circuito virtuoso, che aumenta gli utili di tutti gli esercenti coinvolti.

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