Chiedete ai partecipanti a qualsiasi trade show che cosa si aspettano dal trade marketing, ovvero dal marketing diretto specificamente a loro, nel contesto del loro interesse professionale. La maggior parte vi risponderanno che, da un contesto B2B, si aspettano un messaggio che prenda in considerazione solo gli aspetti strettamente pratici, tecnici o economici dell’offerta, senza alcuna concessione a elementi umani o troppo creativi. Questo approccio non è necessariamente il migliore, e certamente non lo è per quelle aziende emergenti che abbiano bisogno di farsi largo fra concorrenti con più storia, più esperienza e più budget. Anche quando ci si muove in un contesto B2B, infatti, non bisogna mai dimenticare che si ha a che fare con gruppi di persone, di individui, che possono avere reazioni umane anche all’interno di un contesto prettamente professionale. Come si fa a dirigete il proprio trade marketing verso gli individui, invece che verso l’idea astratta di un brand o di un’azienda? Ecco qualche consiglio.
Fase 1: il contatto (imparate a usare LinkedIn)
Per molte aziende, il primo punto di contatto con un potenziale cliente B2B è LinkedIn. Questo social è uno strumento eccellente per creare interazioni professionali di qualità, ma è importante usarlo con accortezza, per non danneggiare la reputazione del brand. Quando si cerca un interlocutore su LinkedIn è essenziale esaminare, se possibile, tutto l’organigramma dell’azienda che si vuole contattare e identificare solo i ruoli che hanno motivo di interagire con potenziali nuovi provider (per esempio l’ufficio acquisti, oppure quello deputato alla gestione di uno specifico servizio). Una volta identificati i professionisti che ci interessano, è importante prendersi un po’ di tempo per esplorare i loro profili e accertarsi di aver valutato correttamente. Dopo di che si potrà mandare una richiesta di contatto, specificando il motivo del messaggio ed esplicitando eventuali altre interazioni avute con l’azienda. L’errore da non fare? Inviare a tutti i dipendenti dell’azienda presenti su LinkedIn lo stesso messaggio sperando che qualcuno risponda: fra colleghi ci si parla e chi manda questo genere di richieste di contatto verrà immediatamente identificato come uno spammer.
Fase 2: lo storytelling nel trade marketing
Pensavate di non trovarlo in ambito B2B? Lo storytelling è ovunque. E anche i vostri interlocutori in ambito professionale – che sono pur sempre esseri umani inseriti in questa società – sono ormai da anni abituati a digerire messaggi promozionali in forma di storytelling. D’accordo, nel caso del trade marketing probabilmente non utilizzerete un racconto ad altissimo impatto emozionale e non lascerete sottintese le informazioni tecniche, ma questo non vuol dire che non ci sia spazio per la narrativa. Un case study ben presentato, per esempio, è un ottimo esempio di storytelling che funziona in questo contesto.
Fase 3: la conversione
La preoccupazione di molte piccole aziende, in questo contesto, è abbastanza fondata: d’accordo, ho attirato l’attenzione, ho ottenuto un appuntamento, ho raccontato la mia storia, ho esposto il mio case study. Ma cosa succede se la mia offerta non può competere con quella dei miei concorrenti? Cosa succede se la mia azienda è troppo piccola o ancora per nulla conosciuta? Convertire in ambito B2B non è affatto facile, ma ci sono diversi modi per ottenere almeno l’opportunità di dimostrare il proprio valore. Una piccola casa editrice musicale inglese, che rappresentava solo artisti indipendenti, ha ottenuto diversi contratti di sponsorship con brand di prima grandezza semplicemente perché il fondatore concludeva ogni pitch con: di cosa avete bisogno? Questo tipo di atteggiamento lascia la conversazione aperta, laddove “volete acquistare il nostro prodotto/servizio?” la chiude. Di fronte a una domanda aperta, anche il rappresentante della grande multinazionale potrà esplorare risposte come “pensavamo di creare un progetto per raggiungere questa nicchia di mercato indipendente” o “vorremmo partecipare a questo progetto di beneficenza”. Lasciare il discorso aperto vuol dire che, anche se l’interazione non si conclude con una transazione economica, la lead generata resta “calda” e potrà essere ripresa in futuro, quando l’azienda sarà più competitiva.