Quando, nell’adolescenza, ognuno di noi comincia a porsi domande sulla propria identità e a delineare la propria presenza nel mondo, i primi accenni di una personalità consapevole si esprimono immancabilmente attraverso l’abbigliamento. È impossibile scindere moda e identità: dal modo in cui una persona è vestita, possiamo dedurre moltissime cose sulla sua vita e sul suo carattere, prima ancora di aver stabilito una pur minima interazione. Volendo essere precisi, gli abiti non ci rivelano necessariamente molto su ciò che una persona è, ma ci dicono tutto su ciò che vuole essere. Allo stesso modo, tutti siamo consapevoli di come il nostro abbigliamento sia il biglietto da visita che presentiamo al mondo. Nella moda si riflettono aspirazioni e desideri e, quindi, emozioni. Il marketing della moda è, insieme a quello alimentare, il più sfacciatamente emotivo. I brand di successo raramente si promuovono “vendendo” vestiti o accessori. Una buona campagna di marketing per la moda avrà sempre al centro le emozioni.
L’importanza di farsi notare: l’unicità è l’anima della moda
La moda, dopo tutto, ci serve a questo: a farci notare per ciò che vorremmo essere, per l’identità che cerchiamo di progettare. Un brand che desideri avere successo presso un certo pubblico, dunque, dovrà riuscire a fare esattamente questo: rendersi unico anche in mezzo a una folla. Che cosa vuol dire questo in termini di marketing? Vuol dire creare campagne che creino con il pubblico una connessione emotiva. Bisogna quindi avere una storia da raccontare. Che lo si faccia attraverso un video, attraverso una serie di post sui social, attraverso un servizio fotografico o attraverso una campagna di marketing esperienziale, l’importante è avere una storia che possa coinvolgere ed emozionare chi la ascolta, attivando meccanismo di identificazione. In questo modo si crea con il cliente una relazione che va al di là della singola transazione e trasforma il brand in un punto di riferimento e, nei casi migliori, in un elemento fondante dell’identità del consumatore.
Quali emozioni stimolare?
Come in molti altri momenti, nella carriera del marketer, per rispondere a questa domanda occorre aver fatto una ricerca approfondita sul pubblico di riferimento. Quali sono i temi ai quali è più vicino? In base a questi occorre strutturare un percorso di comunicazione emozionale. Molto spesso ricorreranno i concetti di unicità e individualità, l’idea di essere collocati in una rete di relazioni appaganti e il concetto di qualità della vita. All’interno di queste macro-tipologie possono trovarsi infinite altre sfumature. Inoltre bisogna tenere presente che il cliente non è solo soggetto passivo, che attende che il brand stimoli le sue emozioni con il marketing. Al contrario: si tratta di un soggetto attivo, che mira a stimolare emozioni negli altri grazie al proprio modo di presentarsi. Quindi bisognerà distinguere le emozioni che il cliente “riceve” dal brand e quelle che intende proiettare o addirittura “vendere” agli altri. Un esempio di storytelling emozionale è questo ad del retailer di moda inglese Debenhams, che mostra i prodotti senza neanche menzionarli, concentrandosi interamente sulla storia dei protagonisti e sulla creazione di emozioni positive da associare alla stagione.
Quali piattaforme usare?
Tra le piattaforme digitali strategiche per il mondo del fashion non è un caso che il social più amato dagli appassionati di moda sia Instagram, il quale ha introdotto, a un certo punto della sua evoluzione, le “storie”. Rivaleggiando con Snapchat per immediatezza, infatti, Instagram desiderava permettere agli utenti di rendere più complessi i loro racconti per immagini. Facebook, più di recente, si è adeguato senza dover stravolgere più di tanto le proprie normali politiche . Youtube è molto usato da chi produce grandi quantità di video, ma non necessariamente come social. Preferito, per qualità delle immagini, Vimeo. Naturalmente ci sono moltissime opzioni oltre ai social media: l’accesso alla stampa di settore, per esempio, o le sponsorship di personalità che prendono parte a grandi eventi pubblici. L’importante è avere sempre un’idea molto chiara di dove è più o meno probabile “incontrare” il pubblico che ci interessa. Un neonato brand di abbigliamento urban e per skater, per esempio, non avrà bisogno di investire migliaia di euro per parlare due minuti con il direttore di Vogue, ma magari potrebbe organizzare una presenza brandizzata in un contesto più adatto alle sue necessità (come una gara sportiva). Anche in questo caso si parla di comunicare emozioni e d i lavorare sulla percezione identitaria.