Ci sono acquisti che si basano su scelte razionali o sulla comodità oggettiva (i prodotti di uso quotidiano, per esempio, si acquistano di solito nel supermercato più vicino). E poi ci sono altri acquisti che con la razionalità hanno assai poco a che fare, e attingono invece ad altri aspetti del nostro essere. Questi aspetti vanno dal bisogno di affermare l’identità, al senso di appartenenza a un gruppo, al desiderio di gratificazione immediata o di accettazione sociale. La moda rientra senz’altro in questa seconda categoria e può esserne considerata il simbolo. Questa qualità marcatamente emotiva e personale della moda e dei relativi comportamenti di acquisto si riflette, ovviamente, nelle scelte promozionali di chi si occupa di marketing in questo settore. Per questo il marketing esperienziale ha dato proprio con le campagne sulla moda i risultati più interessanti.
Lo shopping nell’era dei social
Se è vero che gli acquisti online di articoli di moda sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni (basti pensare alla vertiginosa ascesa di Zalando), è anche vero che l’esperienza diretta dell’acquisto in negozio è ancora considerata un piacere in sé e per sé, la cui popolarità non sembra destinata a calare. Proprio sfruttando questa percezione “sociale” dello shopping molti brand hanno creato, di recente, alcune splendide campagne di marketing esperienziale. Questa strategia, infatti, si adatta al settore della moda meglio che a qualunque altro ambito commerciale.
Vendere esperienze, prima che prodotti
Basta fare un giro su qualsiasi social network e si noterà come molti profili personali includano lo shopping fra gli “hobby”. Pensiamoci un attimo: chi di noi considererebbe un “hobby” andare al supermercato a fare la spesa, o anche solo acquistare uno smartphone? Anche con differenze di prezzo cospicue, queste sono spese che si affrontano per necessità, ma non costituiscono un passatempo divertente e tantomeno sono considerate un elemento costitutivo dell’identità. La moda ci racconta una storia diversa. Soprattutto il pubblico degli under 35 è molto più interessato a investire per ottenere un’esperienza memorabile, piuttosto che per portarsi a casa un prodotto di assoluta qualità. Questa stessa fascia di pubblico è molto consapevole del marketing e delle sue tecniche e lo accoglie con entusiasmo, specialmente se il brand ricompensa la sua fedeltà. Quando ci si rivolge a questo target bisogna vendere esperienze prima di tutto
Marketing esperienziale cross-brand, per mettere al centro il cliente
Il marketing esperienziale, ovviamente, ha attecchito nel settore della moda come in nessun altro, portando ottimi risultati. Alla base c’è un’altissima considerazione – lo dice la parola stessa – per l’esperienza del cliente. Per i marketer, spostare il focus dal proprio universo al viaggio individuale del cliente ha significato un cambio di prospettiva importante e molto positivo, dal quale sono emersi esperimenti molto interessanti di marketing integrato. Un esempio è quello della fashion designer californiana Jenni Kayne e dell’hotel Epiphany, che hanno creato una partnership commerciale per targettizzare i clienti alto-spendenti dell’hotel. A chi affitta un’intera suite, viene regalato un pacchetto di benvenuto assemblato dalla stilista, che può arricchire l’esperienza del soggiorno. All’interno si trovano una bottiglia di vino di un produttore locale, dei prodotti per il corpo, dei fiori secchi e una gift card da consumare nel negozio locale della stilista. Questo tipo di iniziativa inserisce la moda (e di conseguenza lo shopping) all’interno di un’esperienza dedicata al piacere e al lusso, coinvolgendo anche altri brand locali e creando una sinergia positiva con l’industria turistica. Altri esempi di questa sinergia li troviamo negli eventi e nelle sfilate che spesso vengono organizzati negli hotel durante le varie settimane della moda.
Offrire qualcosa in più
Come si conquista e come si fidelizza un pubblico ormai abituato a interagire con i brand attraverso esperienze complesse, articolate e sorprendenti? Prima di tutto, è essenziale accettare che i vecchi metodi non siano più sufficienti. Un buono sconto su una rivista non è più un motivatore adatto per un acquisto, almeno non in percentuali sufficienti da giustificare un’intera campagna basata su questo. Molto più utile creare una serie di esperienze interconnesse, che coinvolgano la sfera digitale e quella reale, e che siano direttamente collegate agli acquisti e alla fidelizzazione. Creare merchandising particolare, disponibile solo per i clienti che partecipano a una specifica esperienza del brand o a un evento speciale, per esempio, può essere la base di una strategia intelligente e declinabile in iniziative diverse. Alcuni brand di moda hanno collegato il proprio nome a caffetterie e ristoranti, integrando l’esperienza gastronomica con quella estetica, oppure hanno scelto di collegarsi ad altri marchi in settori affini. Un marchio urban, per esempio, può collegarsi al fast food, mentre l’alta moda resterà nell’ambito del lusso – come nel caso del celebre hotel londinese Cafè Royal, per esempio, si servono cocktail brandizzati Givenchy.
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Conclusioni
Per riuscire davvero a fornire al cliente un’esperienza di acquisto memorabile, è importante mettersi nei suoi panni. Pianificare una campagna di marketing esperienziale vuol dire non porre al centro gli interessi del brand, ma quelli del cliente, che va considerato per i suoi desideri e le sue aspirazioni, prima ancora che per i dati demografici che lo inseriscono in un certo target.