La diffusione capillare degli smartphone ha cambiato notevolmente le pratiche di marketing negli ultimi anni, ma il proximity marketing è forse la più rivoluzionaria fra le nuove forme di comunicazione che questa tecnologia ha generato. Se la sua diffusione in Italia è ancora limitata, nel resto dei paesi occidentali – gli USA in testa – l’uso di beacon per il proximity marketing è ormai invalso in moltissime grandi catene di retail e i risultati, fino a questo momento, sono estremamente positivi. A che cosa servono i beacon? I loro scopi sono molteplici. Aumentano il flusso di clienti all’interno del punto vendita e agevolano l’esperienza di acquisto, incrementando le vendite e quindi gli utili. Il loro punto di forza: la personalizzazione dei messaggi.
L’importanza della personalizzazione (e il lavoro da fare prima di iniziare)
Il marketing impersonale di massa fa sempre meno presa sul grande pubblico, ormai consapevole di come la sua attenzione sia un premio che i brand si contendono a qualsiasi prezzo. Per questo le campagne più efficaci sono quelle che personalizzano i contenuti, soprattutto se si tratta di contenuti fatti per essere fruiti da smartphone. Naturalmente per poter personalizzare in modo efficace un messaggio bisogna sapere a chi lo si sta dirigendo. Conoscere il proprio target è il primo, fondamentale passo per produrre una comunicazione efficace e mirata. Non stiamo parlando solo di dati demografici generali come il sesso e l’età, ma anche di informazioni sul comportamento e la collocazione geografica. Questi dati si possono ottenere creando un’applicazione brandizzata, tramite la quale offrire servizi di valore al proprio pubblico. Lo scopo non è “spiare” i clienti, ma interagire con loro, creare un canale di comunicazione flessibile, attraverso il quale l’utente possa ricevere informazioni utili, ma anche scegliere come personalizzare la propria esperienza di acquisto in base a interessi e necessità.
Proximity marketing e retail: una combinazione perfetta
Se c’è una cosa che sappiamo con certezza è che nessuno vuole essere bombardato da email e messaggi che invitano a comprare prodotti a tutte le ore del giorno. Il grande pubblico è sensibile allo spam e non ci penserà due volte a chiudere i canali di comunicazione con i brand che percepisce come eccessivamente invadenti. L’utilizzo di beacon collegati alla rete Bluetooth permette di raggiungere solo gli utenti che effettivamente si trovano nei pressi del negozio. È inoltre possibile personalizzare ulteriormente la comunicazione, inviando messaggi diversi a seconda della collocazione di ogni cliente. A chi si trova a passare nelle vicinanze del punto vendita, per esempio, è possibile inviare un messaggio che inviti a entrare, fornendo informazioni sulle offerte più interessanti della giornata. A chi invece si trova già fra gli scaffali sarà possibile inviare comunicazioni più specifiche, fornendo notizie sui prodotti nelle immediate vicinanze, proponendo sconti e offerte e invitando il cliente a fornire feedback e a interagire con il retailer sia in modo diretto che tramite i social. In questo modo sarà possibile raccogliere dati preziosi sulle reazioni del pubblico a qualsiasi iniziativa, dalla riorganizzazione dello spazio alla gestione delle offerte speciali.
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Come funzionano i beacon (e perché hai bisogno di un’app)
Fra chi si occupa di retail marketing in Italia c’è ancora un po’ di confusione sul funzionamento esatto dei beacon, che vengono spesso guardati con diffidenza perché “inviano messaggi” senza il permesso degli utenti. In realtà i beacon non sono assolutamente in grado di inviare messaggi: si limitano a inviare piccoli pacchetti di informazioni geografiche alle applicazioni installate sui dispositivi che si trovano entro un certo perimetro. La comunicazione avviene tramite la rete Bluetooth ed è a una sola direzione (ovvero, gli smartphone non possono “rispondere” alla comunicazione dei beacon). Quando l’informazione geografica raggiunge il dispositivo, le app che sono in grado di decodificarla producono determinate azioni. Sono quindi le app e non i beacon a “mandare i messaggi” . Questo vuol dire che, per ricevere i messaggi, un cliente deve avere intenzionalmente scaricato l’applicazione e attivato le notifiche (con l’eccezione di alcuni smartphone di Google, che sono in grado di ricevere messaggi da determinati beacon anche senza installare app). Difficilmente, con queste premesse, i messaggi verranno percepiti come “spam”. Il problema, piuttosto, sarà fornire contenuti di valore talmente alto da spingere gli utenti a mantenere aperto questo canale di comunicazione.
Valutare i risultati
Come qualsiasi strumento di promozione, il proximity marketing deve essere valutato in base ai risultati che produce e per questo è necessario individuare e applicare le metriche giuste. Tutte le interazioni vengono registrate dai beacon, il che ci permette di sapere non solo quanti clienti visitano il punto vendita e quanti passano invece nelle vicinanze senza entrare, ma anche di monitorare i comportamenti di acquisto. Per esempio, è possibile tracciare correlazioni fra il numero e la qualità delle notifiche che sono state inviate a un cliente e la sua decisione o meno di effettuare un acquisto, oppure fra il tempo di permanenza e il volume di spesa. È inoltre possibile valutare separatamente la performance delle diverse sezioni del punto vendita, il che è particolarmente utile per negozi e centri commerciali con spazi complessi e articolati.
Risparmiare investendo
Molti retailer italiani si sono dimostrati finora restii ad adottare i beacon, per via dell’investimento iniziale che questa tecnologia richiede. Vale però la pena di notare come la possibilità di inviare ai propri clienti messaggi e promozioni utilizzando esclusivamente la rete dati permetta di risparmiare su alcune voci che oggi costituiscono una parte consistente della spesa di molte aziende, come la stampa e distribuzione di flyer e poster. L’obiettivo è spendere meno, spendere meglio e ottenere una resa più altra dai propri investimenti. I beacon potrebbero essere la risposta.