Negli ultimi anni, abbiamo visto sempre più aziende abbracciare apertamente cause sociali e ambientali. Questa tendenza ha tuttavia portato con sé anche un problema significativo: il woke washing. Con questo termine si indica il tentativo di sfruttare temi sociali sensibili per fini di marketing, senza un impegno autentico verso il cambiamento che si dichiara di auspicare.
Proprio perché purpose marketing e brand activism possono essere potenti strumenti per coinvolgere il pubblico e dimostrare attenzione verso le questioni sociali, è cruciale farlo in modo corretto e rispettoso. Ecco quindi alcuni consigli su come evitare di cadere nella trappola del “woke washing” e adottare invece un approccio genuino, utile non soltanto al benessere di un’azienda o di un brand, ma dell’intera collettività.
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Autenticità
Per evitare il woke washing non si può prescindere dall’autenticità. Il brand activism deve nascere da un impegno sincero verso una causa, non seguire le tendenze del momento per ragioni opportunistiche. Le aziende dovrebbero riflettere attentamente su quali questioni e valori trovino davvero rilevanti e agire di conseguenza, in modo trasparente e diretto.
Coerenza nell’impegno
Le azioni devono corrispondere alle parole. Se un’azienda si impegna a sostenere una causa, deve farlo in modo costante e coerente. Non si tratta solo di creare una campagna temporanea per attirare l’attenzione, ma di un impegno a lungo termine verso il cambiamento, che oltretutto dovrà riflettersi in tutte le attività imprenditoriali, dalla produzione alla comunicazione.
Un’azienda, ad esempio, non può promuovere la sostenibilità ambientale e poi adottare pratiche non sostenibili nella sua stessa catena di approvvigionamento.
Comprensione e ascolto
Per evitare il woke washing, è fondamentale comprendere appieno le questioni che vuoi sostenere. Questo richiede un impegno continuo nell’approfondimento dei temi presi in considerazione e nell’ascolto delle voci delle comunità coinvolte.
Solo in questo modo potrai abbracciare una causa nella certezza di prendere decisioni informate, affrontando nel modo più consapevole possibile le sfide e le necessità che tutto questo implica.
Evita il virtue signaling
Questa espressione può essere tradotta con “segnalazione di virtù”.Evita di sostenere una causa solo per attirare le lodi del pubblico. Le azioni dovrebbero essere motivate dalla volontà reale di apportare un cambiamento positivo, non dalla vanità o da ragioni opportunistiche. Fai qualcosa perché credi che sia giusto, non solo per guadagnare credibilità.
Misura l’impatto delle scelte responsabili
Monitorare e comunicare l’impatto delle azioni intraprese è fondamentale. Le aziende dovrebbero essere trasparenti riguardo ai risultati ottenuti nel perseguire gli obiettivi dettati dal loro impegno sociale. Una rendicontazione autentica dimostrerà che si tratta di più di semplice retorica.
Coinvolgi i dipendenti
Dipendenti motivati e coinvolti possono essere un grande motore per un corretto brand activism. Incentiva il loro ruolo nell’ambito di iniziative responsabili e valorizzali quando dimostrano di sostenere cause in grado di produrre un cambiamento positivo per la collettività.
Evitare il greenwashing
Il “woke washing” non riguarda solo le questioni sociali, ma può naturalmente estendersi anche a temi ambientali. Evita di sposare temi green, senza un reale impegno per la sostenibilità e la tutela dell’ambiente. Il greenwashing, infatti, è facilmente “smascherabile” e danneggia fortemente la tua reputazione.
Alla luca di queste considerazioni e in una fase storica in cui l’impegno sociale e il comportamento etico degli operatori del mercato rivestono una grande importanza, è indispensabile riflettere sul problema del “woke washing”, che mina la fiducia dei consumatori e danneggia la reputazione delle aziende, a volte irreversibilmente.
Evitarlo richiede un approccio onesto, coerenza e impegno a lungo termine verso le cause supportate. Solo allora il purpose marketing e il brand activism potranno contribuire davvero a un mondo migliore.