Non è un segreto che le diverse piattaforme siano interessate ad accaparrarsi una percentuale sempre più consistente del tempo (tanto) che trascorriamo online.
Il profilo ideale di un utente, dal punto di vista dei social network, è quello che non lascia quasi mai la piattaforma
Utilizzandola per ricevere notizie e informarsi, per comunicare con i propri cari, per fare nuove amicizie, per condividere momenti della propria vita, per decidere dove trascorrere una serata o andare in vacanza, per commentare i fatti del giorno e, naturalmente, per fare acquisti.
Il futuro dello shopping è social?
Lo abbiamo notato ormai da un po’: lo shopping che avviene direttamente sui social è una tendenza in netta crescita.
Le diverse piattaforme stanno imparando a capitalizzare su questa abitudine. Naturalmente, piattaforme come Amazon e eBay controllano ancora la stragrande maggioranza dell’e-commerce mondiale, ma questo nuovo trend non è comunque da sottovalutare. Alla facilità dell’acquisto, le piattaforme social aggiungono l’efficacia comprovata delle promozioni targettizzate, mettendo finalmente a frutto tutte le informazioni che, negli anni, hanno accumulato sui propri utenti.
Analizziamo insieme 3 fra gli esempi più interessanti di social media shopping attualmente disponibili.
Indubbiamente Facebook è il primo nome che ci viene in mente, tanto nel parlare di ad targettizzati (e di acquisizione di dati e informazioni personali sugli utenti), quanto nel notare l’aggiunta ormai non più recentissima della funzione “marketplace” sula piattaforma. Naturalmente, in questa sede, non stiamo parlando di quest’ultima specifica funzione, che serve agli utenti per vendere e scambiare direttamente fra loro, ma degli ad targettizzati che linkano direttamente agli e-commerce delle aziende, accorciando considerevolmente il funnel fra il primo contatto col cliente e la conversione vera e propria. Secondo uno studio effettuato da Shopify, oltre l’80% degli acquisti online derivati dai social sono ascrivibili a Facebook. Questo vuol dire che Facebook sarà tendenzialmente la voce più rilevante fra i social referral di moltissimi e-commerce aziendali.
Se parliamo di Facebook, non possiamo non parlare di Instagram, soprattutto considerando che si tratta ormai della medesima azienda. In questo caso, la funzione che permette di fare acquisti diretti è più recente e ancora non tanto estesa e popolare quanto quella di Facebook. Tuttavia sono le caratteristiche stesse di questo social a renderlo un naturale alleato dei brand che vogliono vendere direttamente, soprattutto quando possono vantare prodotti particolarmente “fotogenici” (come gioielli, accessori e abbigliamento). La possibilità di integrare l’esperienza d’acquisto vera e propria all’interno dell’app, in questo senso, ha fatto una grande differenza. Questo è particolarmente vero per i brand che affidano in tutto o in parte la propria promozione alla forza più dirompente del mondo di Instagram: gli influencer. Promuovere un influencer post, inserendo al suo interno una funzione di acquisto diretto – che l’utente può effettuare senza uscire dall’app – costituisce una CTA incredibilmente efficace.
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Youtube
Youtube – il figlio irrequieto di Google – non sembra in grado di darsi pace. Dopo le controversie sul diritto d’autore e dopo la cosiddetta “Adpocalypse” (la demonetizzazione di moltissimi video a seguito delle modifiche alle linee guida sui contenuti espliciti), il social più usato del mondo ma meno riconosciuto come tale ha introdotto un altro cambiamento. Adesso gli utenti possono effettuare pagamenti diretti ai gestori dei canali, durante i live streaming. Formalmente, i pagamenti vengono inseriti pubblicamente all’interno dei commenti, rendendo tali commenti più visibili (vengono evidenziati con diversi colori e rimangono fissi per un certo tempo, mentre il resto della chat live scorre velocemente).
Naturalmente, i pagamenti tendono ad avere una qualche attinenza con quanto accade nel video: durante un Q&A con una celebrità, per esempio, molti utenti pagano per mettere le proprie domande in primo piano e guadagnarsi un’interazione con il proprio beniamino. Molti artisti hanno già iniziato a utilizzare questo strumento all’interno delle proprie pratiche di crowdfunding. Possiamo definirlo shopping? C’è una discreta area grigia all’interno di questa nuovissima funzione. Nulla vieta, per esempio, ai brand di distribuire direttamente un’edizione limitata dei propri prodotti a quei clienti che effettuano versamenti durante lo streaming. Lo scambio di informazioni, tuttavia, dovrebbe avvenire in separata sede e, nei termini e condizioni di Youtube, non ci sono al momento linee guida per garantire il contratto di acquisto.
Questo vuol dire che, in teoria, un utente che abbia pagato per un commento durante uno streaming, con la premessa di dover poi ricevere un prodotto, non potrebbe rivalersi con Youtube né con il brand qualora il prodotto non fosse consegnato. Il modo più sicuro di vendere con Youtube, quindi, sono ancora i tradizionali ad con link all’e-commerce, ma vale la pena di tenere d’occhio questa nuovissima funzione, che promette sviluppi interessanti.
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