Retail Marketing Gennaio 20, 2022

Perché i brand della moda scelgono di puntare sul marketing esperienziale

L’industria della moda sta attraversando un cambiamento epocale. Pur essendo stata fra le più reattive alla pandemia – con i grandi brand a fare da pionieri per gli eventi virtuali organizzando sfilate online – ha sofferto molto in questi ultimi due anni. In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, infatti, le funzioni sociali che la moda normalmente ricopre vengono meno. La riduzione dei contatti interpersonali, durata molto a lungo e ripresa più volte, ci impedisce di usare l’abbigliamento per esprimere la nostra personalità, se si esclude la parte di noi stessi che compare nelle riunioni su zoom. Al tempo stesso, però, la gioia di potersi reincontrare rende speciale qualsiasi occasione e quindi ci spinge a essere più attenti a ciò che indossiamo. Proprio per questo, nel pianificare le strategie per il prossimo anno, molti brand di abbigliamento hanno deciso di puntare sul marketing esperienziale.

Perché il marketing esperienziale è così rilevante per l’industria della moda?

Interattività è la parola chiave che domina l’industria della comunicazione, in questo momento. Abbiamo bisogno di contenuti interattivi proprio perché le nostre interazioni dirette sono spesso limitate da questioni di sicurezza. Eppure questo genere di campagne non è una novità: il marketing esperienziale era popolare anche prima dei ripetuti lockdown, perché stimola nel pubblico una partecipazione attiva, uscendo dal modello passivo che si è sviluppato per decenni nonostante le possibilità della rete. Ora l’industria della moda lo ha abbracciato con entusiasmo non tanto per comunicare direttamente con il pubblico, ma per creare un rapporto speciale con gli influencer e i media di settore che hanno ancora una grande presa sui consumatori e la possibilità di portare il brand all’attenzione di vaste piattaforme di utenti.

Puntare sul marketing esperienziale per coinvolgere gli influencer

Che cosa c’è dietro il felicissimo matrimonio fra industria della moda e marketing esperienziale? Prima di tutto il desiderio di stimolare un nuovo tipo di storytelling. Tradizionalmente, la moda è il simbolo dell’apparenza. Il che è strano, se pensiamo che un capo di abbigliamento è molto più del suo aspetto estetico. Fra gli aspetti più importanti, per esempio, c’è la comodità, il modo in cui il tessuto avvolge il corpo, il comfort che ci permette di svolgere determinate attività non solo senza problemi, ma anche senza danneggiare il capo. Questo vale non solo per i brand di abbigliamento sportivo, ma per qualsiasi indumento: sentirsi a proprio agio con ciò che si indossa è fondamentale. Per questo, offrire ai giornalisti di moda e agli influencer esperienze esclusive legate ai brand è un modo eccellente per spingerli a condividere con il pubblico non solo le foto che mostrano come sono fatti i capi, ma soprattutto le storie che raccontano come ci si sente a indossarli.

Esperienze esclusive ad alto valore social

Un esempio perfetto di questo tipo di campagna è stato realizzato da un noto retailer online, che lavora con numerosi brand specializzandosi in abbigliamento casual. Per un gruppo selezionato di editor e influencer sono state scelte una serie di attività esclusive come degustazioni di vino, corsi di yoga e trattamenti in spa. I partecipanti hanno svolto queste attività indossando i capi che avevano precedentemente scelto dal catalogo del retailer, la cui brand identity è fortemente legata all’idea di comporre il proprio stile con capi provenienti da collezioni e marchi diversi. Il retailer mira a entrare in contatto con un pubblico interessato alla moda come elemento dello stile di vita, quindi come parte integrante della quotidianità. Il doppio vantaggio di questo tipo di campagna è consistito quindi non solo nella possibilità di collegare il brand agli stili di vita, ma anche in quella di intessere relazioni con blogger, influencer e media provenienti da ambiti diversi. Non solo, quindi, “fashionistas” in senso stretto, ma anche lifestyle blogger o influencer noti per le proprie passioni sportive. In questo modo il brand ha stretto relazioni utili per il futuro, creando una rete di media e influencer di riferimento e, al tempo stesso, ha fornito al pubblico un contenuto narrativo contestualizzato ad altissimo potenziale di condivisione social.
Marketing esperienziale B2B: la tecnologia e le esperienze ibride

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Quando le limitazioni locali lo consentono, il marketing esperienziale si presta in modo eccellente anche al marketing B2B. Una delle formule di maggior successo, utilizzata da diversi brand, prevede l’impiego di tecnologie che permettono di mescolare l’esperienza in-store con la praticità dello shopping online. Il cliente può “incontrare” fisicamente il brand, presso un punto vendita – spesso pop up – dove i capi possono essere visti, toccati, provati e dove l’uso di touch screen interattivi permette di visualizzarli in combinazione con accessori o in colori diversi. Una volta scelto l’outfit desiderato, composto da pezzi che possono essere fisicamente presenti nel negozio o meno, il cliente può andare via libero da buste ingombranti, sapendo che i suoi acquisti gli verranno consegnati direttamente a casa in giornata. In queste occasioni, il punto vendita funziona più come un luogo di intrattenimento, con catering, un bar e un dj-set, per celebrare il brand al di fuori dell’esperienza strettamente legata alla vendita.

Che cosa rende efficaci queste campagne?

Sono molti i fattori che contribuiscono al successo del marketing esperienziale, soprattutto quando si guarda a un pubblico come quello dei millennial – ovvero gli adulti e i giovani adulti.

  1. I millennial cercano ricordi, non prodotti
    Questa categoria di pubblico ha sviluppato una certa intolleranza alla vendita in quanto tale ed è molto più interessata alle esperienze che ai prodotti. Si tratta di un pubblico che vuole costruire ricordi e poi condividerli online ed è proprio qui che scatta la comunanza di interessi con il brand. Se l’esperienza condivisa è fortemente brandizzata, infatti, l’attività social e il contenuto generato dagli utenti (UGC) contribuiscono in maniera determinante alla brand awareness, amplificando la visibilità e generando sentimenti positivi in associazione al marchio, al prodotto o alla linea in questione.
  2. I clienti che partecipano a un’attivazione sono più inclini all’acquisto
    Una ricerca riportata dalla testata Forbes rivela che il 98% dei consumatori che presenziano a questo genere di eventi si sentono inclini ad acquistare il prodotto promosso e che il 74% dichiara di avere un’opinione migliore del brand dopo l’attivazione o la campagna di marketing esperienziale. Che l’acquisto avvenga immediatamente o no, è molto più probabile che il cliente che presenzia a questo tipo di evento si fidelizzi al marchio, rispetto all’utenza che riceve semplicemente i normali messaggi pubblicitari in forma di campagna online e offline.
  3. Spesso gli eventi sono più importanti del prodotto
    O addirittura diventano il prodotto. Alcuni brand organizzano eventi a pagamento, che solo tangenzialmente sono mirati alla vendita del prodotto, oppure si specializzano in eventi gratuiti collegati alla sfera d’applicazione del prodotto stesso (un esempio classico è quello dei brand di abbigliamento sportivo). In questo modo, l’esperienza condivisa passa in primo piano, diventando l’elemento centrale della comunicazione fra brand e cliente.
Conclusioni

Tutti i band legati al lifestyle, specialmente quelli dell’industria della moda, possono trovare considerevoli vantaggi concentrandosi sul marketing esperienziale. Che si tratti di aprire un bar pop-up o di sperimentare con la realtà aumentata per creare nuovi outfit, che si tratti di attivazioni che portano l’esperienza social nella realtà di tutti i giorni o di eventi speciali dedicati ai media, la possibilità di immergersi nell’identità e nei valori di un brand ne rafforza invariabilmente il messaggio.

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